Una protesi impiantabile per l’uso degli ultrasuoni nella terapia cerebrale

Lo studio Ultrasounds induce blood-brain barrier opening across a sonolucent polyolefin plate in an in vitro isolated brain preparation pubblicato su Scientific Report, firmato dal dottor Prada (direttore dell’Acoustic Neuroimaging and Therapy Laboratory  – ANTY-Lab), dalla dott.ssa Librizzi e dalla dott.ssa Uva, rivela che una speciale piastra di poliolefina posizionata sulla superficie cerebrale permetterebbe il passaggio di ultrasuoni che possono essere utilizzati per l’apertura della barriera ematoencefalica.

La barriera ematoencefalica (BBB) ostacola l’ingresso di farmaci nel cervello, e l’uso combinato di onde ultrasoniche pulsate a bassa intensità e di microbolle intravascolari (MB) rappresenta una soluzione promettente a questo problema consentendo l’apertura controllata e reversibile della  barriera. Lo studio ha valutato la fattibilità dell’apertura della barriera ematoencefalica attraverso una protesi biocompatibile a base di poliolefina che consentirebbe di somministrare agenti terapeutici all’interno del sistema nervoso centrale.

Biomarcatori innovativi nella mucosa nasale per la diagnosi del Parkinson

La prestigiosa rivista “Translational Neurodegeneration”, specializzata in malattie neurodegenerative, ha premiato il lavoro del dott. Fabio Moda (ricercatore sanitario della nostra Fondazione presso l’UOC Neurologia 5) Efficient RT-QuIC seeding activity for alpha-synuclein in olfactory mucosa samples of patients with Parkinson’s disease and multiple system atrophy (2019) con il “Best Paper Award”, un premio assegnato dal comitato editoriale della rivista ai migliori 10 articoli pubblicati nel decennio 2012-2021

“Lo studio coordinato da me e dalla mia collaboratrice dott.ssa Chiara Maria Giulia De Luca – afferma il dott. Moda – è stato condotto su una casistica di pazienti ben caratterizzati, con l’obiettivo di trovare dei biomarcatori di malattia di Parkinson e atrofia multisistemica nella mucosa nasale.

L’obiettivo era identificare biomarcatori innovativi in tessuti periferici facilmente prelevabili che consentissero non solo di migliorare la diagnosi clinica di queste malattie, ma anche di riconoscere sottogruppi della stessa patologia per poter classificare i pazienti in modo più accurato”.